Da globalizzazione a regionalizzazione: l'inizio del recesso moderno?
Sin dagli albori del 21simo secolo ci siamo abituati all'idea di essere cittadini di un solo mondo: una frase semplice e potente questa che ha modificato radicalmente le abitudini commerciali di un epoca all'insegna dell'import-export.
Ciò ha inevitabilmente portato ad una specializzazione settoriale degli stati più "evoluti" (passiamo il termine), la quale ha senza ombra di dubbio una miriade di risvolti positivi sia per l'economia regionale (locale) che per quella globale.
Come in molte occasioni anche nel commercio e nella produzione se un paese si specializza in un settore avrà di certo svariati vantaggi, tra i quali quello di poter offrire un costo minore, a fronte di costi più bassi di produzione.
Se a questa logica uniamo la disponibilità di una data materia prima nel settore primario di quel paese ecco che abbiamo la risposta al monopolio energetico russo, o a quello tecnologico americano (anche se in questo caso parliamo più di astuzia nelle politiche di import-export).
Tutto questo è di certo bellissimo, futuristico e solidale, ma rimane tale solo nell'ottica utopica che ogni paese reciti la sua parte con logica comunitaria e non di lucro personale: comica questa affermazione, vero?
In un mondo dove il dio soldo regna sovrano abbiamo lasciato che poche persone detenessero e decidessero su quelli che possiamo dire essere i settori fondamentali nella società attuale: energie non rinnovabili (e anche qui potremmo aprire discorsi infiniti), industrie, tecnologia e agricoltura.
In ogni settore sono pochi i nomi che regnano sovrani, in una rete di holding e società prestanome: il concetto che rimane è quello di monopolizzare nelle mani di poche persone un intero ramo economico. Un esempio camuffato di dittatura monetaria moderna si può dire.
Una premessa importante questa, che ci permette di capire e comprendere meglio le logiche che accompagnano la guerra in Ucraina del 2022 (e non solo). Un paese ricco di risorse minerarie, oggi indispensabili per il settore tecnologico e delle energie rinnovabili, ma anche parte fondamentale dell'economia europea in quanto grande produttore ed esportatore di cereali e altri alimenti di tipo primario.
Un attacco a questo paese, un conflitto con la Russia, è bastato questo per destabilizzare un'intera economia: scaffali vuoti nei supermercati, bollette alle stelle e disagi nei trasporti.
Questo ci fa capire che ci troviamo in una situazione controversa nella quale siamo giunti dopo anni in cui abbiamo perseguito un progresso rapido, reso possibile dalla globalizzazione: ora invece è indispensabile staccarsi da questa logica per poter sopravvivere.
Inizia quindi una nuova era nella quale torneremo a fare più di tutto e dipenderemo meno da pochi, una riscoperta di quelle politiche economiche e finanziarie abbandonate da tempo che hanno invece caratterizzato il 20simo secolo. Oggi non parliamo più di globalizzazione, ma di regionalizzazione.
Un invito che però dovremmo tutti tenere a mente è di non vedere solo bianco o nero: teniamoci stretto ciò che di buono abbiamo appreso da questa epoca. Ricordiamo la bellezza di viaggiare e sentirsi sempre a casa, conserviamo l'idea di essere tutti fratelli. Lasciamo invece la politica e l'economia a chi (in teoria) dovrebbe saperla fare.
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